“Quidquid recipitur ad modum recipientis recipitur” parte prima

Così diceva San Tommaso d’Aquino, ossia: “Quello che riceviamo, lo riceviamo secondo le nostre capacità” pensiero carico di grande e antica saggezza.

I filosofi scolastici lo intendevano quasi nel senso della immutabilità del soggetto che riceve se non illuminato dalla grazia; oggi grazie all’influsso delle filosofie orientali sul pensiero moderno (D. Ikeda et al.), molti di noi sono convinti che la natura umana sia modificabile e perfettibile solo quando nasce nel singolo, in un determinato momento, una personale spinta o motivazione – una ispirazione diremmo – al cambiamento, nel senso della capacità di migliorarsi fino al punto di saper elevare noi stessi e le persone vicino a noi della nostra comunità. Ikeda dice che il singolo può “alzarsi e cambiare se stesso e l’ambiente che lo circonda” e questo personale stato di grazia [1] è tale da potersi allargare, come le onde che si creano quando gettiamo un sasso in uno stagno, da persona a persona fino a creare il cambiamento delle comunità, quindi dei popoli e, alla fine, del Mondo. Ma sempre dal singolo al tutto.

Come a dire che un discepolo potrebbe essere affidato alle attenzioni del miglior Maestro possibile ma se non è ispirato e quindi pienamente disponibile a ricevere l’insegnamento e se il suo stato di grazia e la sua personale motivazione, il suo spirito, è debole, di ciò che gli verrà insegnato non resterà molto. Gesù nel Vangelo di Matteo 11, 19 diceva giustamente “Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire …

Da qui il grande errore di coloro che pensano che si possa insegnare sempre tutto a tutti nello stesso momento e nello stesso modo, con le stesse strutture, gli stessi docenti e programmi.

Pensare che tutti possiedano uguali capacità e analoghe motivazioni al miglioramento, alla crescita spirituale, che tutti siano desiderosi di diventare persone migliori e più responsabili, purché siano universalmente impartite le nozioni giuste e il pensiero corretto, è un’illusione e chi lo afferma o non ha capito l’umanità oppure vuole deliberatamente ingannarci per spingerci verso una cultura di massa attraverso la quale controllare le persone emarginando il libero pensiero, l’opinione altra e controcorrente. E di qui il passo alle dittature sarebbe breve.

Sembra banale ma oggi non lo è: per raggiungere l’Ideale bisogna prima avere idee cristalline forgiate dalla Verità. Ancora meglio: per fare dell’Uomo qualche cosa di bello e di giusto, l’Uomo calos cai agazos greco, è necessario prima avere il coraggio di vederlo fino in fondo per quello che effettivamente è e non per quello che vorremmo che fosse o per quello che dovrebbe essere.

I signori di cui sopra, dicono di amare l’umanità e di desiderarne la salvezza ma non sono abbastanza giusti da guardare l’umanità per quello che è e da accettare il fatto che la maggior parte degli esseri umani non desidera affatto quella salvezza e, anzi, è pronta a reagire contro chi cerchi di aprirle gli occhi.

Non date ciò che è santo ai cani e non gettate le vostre perle ai porci, perché non le calpestino e, rivoltandosi, vi sbranino” dice ancora Gesù nel Discorso della Montagna (Vangelo di Matteo, 7, 6).

Chi non ha quella Umanità, chi vive ancora nelle tenebre dell’ignoranza spirituale non vuole ricevere tesori per l’anima, dei quali non sa che farsene ma bensì panem et circenses, pane e giochi. Solo ad un dato momento del suo sviluppo interiore e se sarà stato accompagnato in modo opportuno, arriverà a quella meta.

Quello che scrivo non vi sembri lo sfogo di chi non ha fiducia negli esseri umani ma, anzi, nasce da una profonda fede nell’armonia dell’essere per cui tutto ha una ragione e tutto si spiega e si lega con tutto. Esistono dei tempi ben precisi e delle particolarità personali per cui solo quando un essere umano diventa in grado di accostarsi alla Verità superiore, questa trova “un riflesso nella sua Anima e vi opera una trasformazione efficace” (D. Ikeda).

Se il processo di maturazione non è ancora completato, se non c’è la giusta ispirazione, niente e nessuno potrà forzare quell’anima ad aprirsi allo stato di grazia della Verità. Perché come ho ripreso dai filosofi scolastici, ciascun recipiente è in grado di accogliere le cose secondo la propria capacità.

(Continua)

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[1] In teologia la grazia è quella personale condizione di serenità santificante di chi vive in modo permanente secondo la dottrina cristiana felice di poterlo fare perché la ha fatta sua. In psicologia è la condizione dello spirito di eccezionale euforia, ispirazione, capacità di rendimento che ci fa vivere bene e con soddisfazione.
Fonti: molte sono le fonti che mi hanno portato a questo scritto e citarle tutte sarebbe impossibile. Desidero però ringraziare e ricordare almeno il Vangelo, San Tommaso, Sant’Agostino, Platone, D. Ikeda, V. Mancuso, M. Ferrini et al.
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Essere nel Cielo

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